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Il n y a plus que la Patagonie, la Patagonie qui convienne à mon immense tristesse  Blaise Cendrars
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Un libro si compra in libreria o si riceve in regalo. Si può anche prendere da una biblioteca o trovare sulla bancarella di un mercato dell'usato e comunque ogni volta si presenta a noi come un oggetto inanimato, un gruppo di fogli rilegati riempiti da righe di parole.

Il libro di Bruce Chatwin, In Patagonia, mi venne regalato da un amico, un viaggiatore stanziale che normalmente mi regalava mappe e Lonely Planet e se ne stava comodamente in poltrona di casa sua ad aspettare i resoconti del mio viaggio. 

Passarono alcuni anni durante i quali il libro era rimasto a prendere polvere su uno scaffale. Lo ripresi in mano dopo che, al ritorno di un memorabile viaggio a bordo delle motonavi del Rio delle Amazzoni, lui mi chiese: "In quale altro posto puoi andare adesso, dopo un viaggio così esaltante?" Gli avevo parlato dell'incontro con i personaggi che avevano conosciuto Ernesto Che Guevara a San Pablo de Loreto, durante il viaggio in motociletta che i due giovani argentini avevano intrapreso attraverso il subcontinente americano, e e lui, soppesando bene quegli episodi di viaggio, rispose guardandomi negli occhi: "C'è solo la Patagonia!".

 

Decisi quindi che avrei fatto il mio viaggio dentro agli spazi letterari di quel sud disegnato apposta per viaggiatori di altri tempi, la Patagonia. La crisi argentina aveva aperto un varco nei miei progetti e il viaggio verso sud stava diventando possiblie anche per uno come me che andava sempre a svernare in luoghi più caldi e accomodanti.

Viaggiai così per quattro mesi, con il libro in mano; ma il libro non mi dava risposte, ero per lui un estraneo. Prendevo bus nuovi di zecca e altri scassati e viaggiavo giù per strade asfaltate monotone e infinite per poi andare a parare su sterrati pieni di buche circondati da una natura primordiale, dentro deserti dipinti da colori che facevano venire il mal di testa, tanto erano irreali; ma il libro continuava ad essere muto per me.

Viaggiai così per tre anni. Conobbi scrittori e personaggi del libro, donne araucane e giovani famiglie mapuche, inquietanti naviganti che si facevano chiamare pirati, vecchi ubriaconi padroni del loro eremo, pescatori, allevatori di pecore che vedevano fantasmi. Dentro alle fotografie che andavo a scovare nelle case di contadini gallesi, estancieros inglesi e tedeschi, nelle immagini di grotte che odoravano di passato, voci di vascelli affondati in un mare scuro e traditore, cominciavo a sentivo una voce che si stava avvicinando. Ma no mi fidavo.

Il quarto e ultimo viaggio in Patagonia il libro mi aveva accettato come suo compagno.

Andai dal primo personaggio del libro, in una casa ai bordi della montagna, dove era iniziato il viaggio dello scrittore. L'anziano Bill Philips mi aveva aperto la porta di casa ed io avevo cominciato a leggere davanti a lui il primo capitolo del libro. Nei discorsi fatti al tavolo, negli sguardi, sentivo vibrare le pagine.

A Rio Pico, molti chilometri più giù, gli uomini giocavano alla taba ed io non sapevo più distinguere la realtà che avevo intorno da quella che leggevo nel libro aperto davanti ai miei occhi. Perchè il libro si era finalmente aperto a me. E allora decisi di seguirlo.

Viaggiai nel deserto con il libro come unica guida, per me che non avevo una bussola.  Il libro mi aveva scelto. Il libro era una cosa viva, adesso.

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